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Dolore al tallone: cause e riabilitazione

Dolore al tallone: cause e riabilitazione

  • 14 March 2021
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Il dolore al tallone, spesso confuso con il dolore alla pianta del piede, può rappresentare un sintomo molto complesso da gestire, questo a causa del grande numero di strutture come ossa, tendini e nervi col quale si relaziona. Proprio per questo il dolore al calcagno può derivare da molte problematiche diverse alcune delle quali anche gravi come fratture da stress e artrite reumatoide, tra poco parleremo delle principali.

Proprio a causa di questa grande variabilità risulta essenziale affidarsi a un professionista, come un fisioterapista specializzato che sia in grado come prima cosa di escludere le patologie più serie e successivamente riuscire a capire la specifica fonte dei sintomi attraverso un’analisi approfondita della storia del dolore, localizzazione, attività scatenati, test e se necessario esami strumentali e ulteriori visite specialistiche.

Anatomia del piede

Il tallone, da cui può originare il dolore al tallone, è l’osso posizionato nella parte più posteriore della pianta del piede.
Per capire quanto la causa del dolore può essere multifattoriale è importante fare un accenno di anatomia, in modo da comprendere il gran numero di strutture con cui questo si relaziona:

  • Superiormente si articola con l’astragalo formando l’articolazione sottoastragalica;
  • Posteriormente tramite la tuberosità calcaneare entra in contatto con il tendine d’Achille;
  • Infero-anteriormente sul tubercolo mediale si inserisce la fascia plantare; Anteriormente si articola con l’osso cuboide;
  • Inferiormente è rivestito da un cuscinetto adiposo;
  • Inoltre è avvolto da diversi rami del nervo tibiale e surale;

Dolore al tallone: cause

Vediamo di seguito alcune problematiche che possono generare dolori ai talloni

Fascite plantare:

Il dolore tallone dovuto a fascite plantare si presenta nella parte infero-anteriore, dove appunto si inserisce la fascia plantare e può espandersi lungo questa. Spesso è intenso ai primi passi del mattino e tende a peggiorare dopo un’attività di carico del piede come

stare in piedi, camminare, correre. La causa della fascite plantare ad oggi purtroppo è sconosciuta ed è probabilmente multifattoriale. E’ molto comune tra i corridori, quindi in queste persone ma non solo, sembra poter essere dovuta a ripetuti microtraumi in seguito a un sovraccarico. Un sovraccarico può verificarsi quando lo stress a cui sottopongo il piede supera eccessivamente le capacità del piede, per esempio se ho aumentato troppo velocemente distanza o intensità del mio allenamento ma anche molto semplicemente ho utilizzato tutto il giorno le infradito (maggior carico sul piede rispetto scarpa normale) senza essere abituato.

Tendinite d’achille:

In questo caso il dolore si presenta nella parte posteriore del tallone, dove il tendine si inserisce. Come in tutte le tendiniti nella maggior parte dei casi la causa è un sovraccarico, quindi aver fatto un’attività che ha richiesto al tendine di gestire un carico eccessivo rispetto alle sue capacità.

Il dolore sarà presente principalmente durante o successivamente (anche fino a due giorni dopo) le attività che stressano il tendine d’Achille come camminare, correre e saltare.

Neuropatia nervo Tibiale:

Il dolore al calcagno può essere dovuto a una sofferenza di uno dei rami del nervo Tibiale e Surale dai quali è avvolto.

Questi i possibili sintomi:

–  Dolore in diverse parti del calcagno, che può anche irradiarsi verso l’alto lungo il polpaccio, spesso descritto come bruciore ;

–  Intorpidimento formicolio ;

–  Alterazione della sensibilità ;

–  Riduzione forza dei muscoli della pianta.Le cause possono essere molteplici alcune tra le quali, traumi, sovraccarichi e malattie sistemiche (Neuropatia diabetica).

Una problematica tipica è la Sindrome del Tunnel Tarsale.

Atrofia e sindrome del cuscinetto adiposo del tallone:

Il cuscinetto adiposo è uno strato protettivo finalizzato a ridurre gli stress sul tallone. La struttura e le proprietà di questo tessuto possono alterarsi in seguito a invecchiamentopatologie traumi ripetuti da sovraccarico. L’atrofia riguarda maggiormente le persone più anziane invece la sindrome interessa principalmente i camminatori e corridori.Il dolore sarà localizzato proprio sotto al tallone, in caso di atrofia spesso bilaterale e descritto come sensazione di camminare sui ciottoli o proprio sull’osso, associato a volte alla presenza di tallone gonfio.

Il dolore sarà presente applicando uno stress al tallone quindi in tutte le attività che ci portano a stare in piedi, camminare, correre, peggiorando su superfici dure, con calzature rigide o a piedi nudi.

Problematica ossea:

Tra queste, che possono potenzialmente generare dolori al tallone e quindi tallone dolorante, ci sono gli infortuni da stress osseo che possono progredire con fratture da stress del calcagno. Sono problematiche legate ad intensa attività sportiva soprattutto nella corsa ma a volte anche nel trekking e altri sport. Inizialmente il dolore sarà presente solo durante l’attività sportiva ma con il passare del tempo tenderà a peggiorare progressivamente fino a presentarsi anche a riposo e durante la notte.


Dolore al tallone: cosa fare

Fascite plantare:

Quando parliamo di dolore al tallone dovuto a fascite plantare il trattamento necessita inizialmente strategie per la riduzione del dolore, quindi riduzione delle attività che provocano maggiormente il sintomo, attività però alle quali il paziente non dovrà certo rinunciare, sarà infatti obiettivo del trattamento il reinserimento graduale di queste attività.

Altri trattamenti che possono aiutare nella prima fase sono:

– Farmaci ;
– Plantari ;
– Scarpe più sostenute e quindi meno minimaliste ;
– Terapia manuale e stretching del polpaccio e della fascia ; 

– Onde d’urto.

Essendo una problematica che crea dolore in carico, quindi quando utilizziamo il piede, risulta essenziale iniziare fin da subito una riabilitazione attiva, che porti a ripristinare le capacità del piede di stare in piedi, camminare e correre.
Risulta quindi importante la presenza di un fisioterapista specializzato che guidi il paziente lungo un programma di esercizi per il rinforzo dei muscoli di piede e caviglia e di carico progressivo della fascia tramite un esercizio chiamato Modified Calf Raise e in seconda fase una graduale esposizione alle attività quotidiane del paziente, il tutto senza produrre una riacutizzazione della sintomatologia.

Al contrario del loro ampio utilizzo l’evidenza scientifica non sembra supportare le infiltrazioni di cortisone come prima linea di trattamento a causa della solo temporanea e variabile riduzione del dolore e dei potenziali rischi a cui sottopone il paziente.

Tendinite d’achille:

Il tendine per stare bene deve avere la capacità di gestire gli importanti carichi a cui viene sottoposto durante le varie attività. In presenza di una tendinite, come nella tendinite al ginocchio, queste capacità sono ridotte, il tendine non è più in grado di camminare, correre e saltare come prima. Purtroppo più teniamo il tendine a riposo più queste capacità tenderanno a ridursi, proprio per questo basare il trattamento, come spesso succede, esclusivamente su riposo e terapie passive come farmaci, massaggio e terapia fisica, raramente porta a una risoluzione del problema.

Nella prima fase di dolore acuto, presente anche dopo pochi passi, risulta essenziale ridurre il sintomo attraverso:

  • Riduzione attività più provocatorie ;
  • L’esercizio anche in fase acuta risulta la chiave del trattamento. Inizialmente possiamo utilizzare un esercizio isometrico ad alto carico, il quale spesso è ben tollerato dal tendine, ottenendo un effetto inibitorio sul dolore e un immediato carico sicuro sul tendine.
  • La terapia farmacologica dovrebbe essere utilizzata con molta cautela, una riduzione del dolore non associata a un reale miglioramento della capacità del tendine può esporre la persona a eccedere nuovamente con i carichi provocando un peggioramento dello stato tendineo.
  • Utilizzo di rialzi per il tallone per ridurre lo stress sul tendine.
  • Evitare lo stretching in fase acuta.

Una volta che il dolore è scomparso nelle attività di base della vita quotidiana risulta essenziale ripristinare le capacità del tendine e l’unico modo per riuscire a farlo è esporlo a progressivi carichi che rappresentino una sfida sempre maggiore ma allo stesso tempo non riacutizzino la sintomatologia.Questo è possibile farlo con un programma sviluppato e gestito da un fisioterapista specializzato che attraverso l’utilizzo di specifici esercizi alleni le capacità di resistenzaforza e potenza del tendine in modo progressivo.

Altro aspetto chiave risulta il graduale ritorno alle attività richieste dalla persona, infatti non esiste esercizio o trattamento passivo che possa ridare al tendine la capacità di correre per esempio per 10-20 km. Purtroppo spesso questa parte della riabilitazione viene affidata al paziente ed è proprio in questa fase che si verificano importanti riacutizzazioni che rischiano di creare una sorta di circolo vizioso. Risulta quindi essenziale anche in questa fase farsi seguire da un fisioterapista o da un preparatore atletico specializzati che possano guidarvi in un progressivo e sicuro ripristino delle attività sportive.

Anche se le infiltrazioni di cortisone spesso sono tra le prime terapie proposte il loro utilizzo come prima linea di trattamento dovrebbe essere sconsigliato questo a causa della riduzione solo a breve termine del dolore e dei potenziali rischi a cui espone il tendine come inibizione degli adattamenti al carico e della sintesi del collagene, aumentando potenzialmente il rischio di rottura del tendine. Le linee guida indicanol’esercizio fisico a carico progressivo come la prima linea di trattamento, se questo non ottiene risultati o risulta impossibile da applicare, l’infiltrazione può risultare un valido strumento da associare al trattamento.

Neuropatia nervo Tibiale:

Il trattamento si differenzierà a seconda della causa dell’irritazione del nervo. Spesso è possibile l’utilizzo di un trattamento conservativo il quale potrà essere costituito da:

  • –  Farmaci ;
  • –  Plantari ;
  • –  Specifici esercizi per il miglioramento delle capacità del nervo di gestire stimoli dicompressione e stiramento ;
  • –  Esercizi per migliorare funzioni di piede e caviglia ;
  • –  Terapia manuale.Se il paziente non risponde un’opzione è l’uso di infiltrazioni di cortisone.Atrofia e sindrome del cuscinetto adiposo del tallone:Inizialmente sarà necessario ridurre le attività provocative, in alcuni casi con l’ausilio di cuscinetti per i talloni, plantari e scarpe particolarmente ammortizzate. Usciti dalla fase acuta sarà come sempre essenziale caricare progressivamente il calcagno attraverso una ripresa molto graduale delle attività della vita quotidiana precedentemente dolenti.

CONCLUSIONE

Come avrete capito il male al tallone può rappresentare una sfida difficile da affrontare causa la grande quantità di differenti cause possibile, proprio per questa ragione è essenziale un corretto inquadramento in prima seduta.

Spesso il trattamento conservativo risulta la carta vincente e questo deve essere guidato da un fisioterapista specializzato che si occupi della corretta educazionegestione dei carichi e del programma di esercizi a carico progressivo.

Se dopo un periodo di 6-12 mesi il trattamento conservativo non risulta efficace, l’opzione chirurgica viene presa in considerazione.


Fonte

Ebonie Rio , Sue Mayes, Jill Cook – Heel pain: a practical approach – Aust Fam Physician – 2015.

Karin Grävare Silbernagel , Shawn Hanlon , Andrew Sprague – Current Clinical Concepts: Conservative Management of Achilles Tendinopathy – J Athl Train – 2020.

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